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Lo stretching statico e la mobilità in palestra: quando utilizzarli e perché. Review articoli scientifici.

Esiste una grande confusione sullo stretching in quanto termini come flessibilità, elasticità e mobilità articolare vengono spesso usati come sinonimi, quando non lo sono. Si può essere flessibili ma non elastici, si possono avere angoli di lavoro limitati a seguito di una retrazione muscolare oppure per un blocco articolare. In questo articolo cercheremo di fare chiarezza sul tema.


Lo stretching è considerato un protocollo allenante con l’obiettivo di raggiungere la massima estensione o flessione articolare; deriva dall’inglese “to stretch” che significa appunto allungare o stendere. Vi sono molteplici metodologie ma tutte comportano una modifica delle strutture muscolo-tendinee provando a conquistare range di movimento più ampi di quelli fisiologici o attualmente raggiunti dal soggetto.


Tra i benefici provati utilizzando lo stretching statico vi è l’aumento della flessibilità, la diminuzione della sensazione di fatica, la riduzione dello stress fisico, effetti mio-rilassanti e calmanti; tra gli effetti negativi vi è la riduzione della prestazione sportiva di forza esplosiva, la desensibilizzazione del muscolo allo stiramento con conseguente predisposizione ad infortuni da lassità legamentosa, riduzione della capacità di immagazzinare energia nel distretto tendineo fino a 42 ore dopo una seduta di allenamento intenso e forzato, aumento di traumi da ipermobilità, riduzione della vascolarizzazione del distretto muscolare (ipossia) , deformazione connettivale ed infine lo stretching statico interviene in maniera negativa nella sinergia tra i muscoli con conseguente atteggiamento di compensazione tra i muscoli agonisti-antagonisti. La mobilità è un protocollo allenante finalizzato al raggiungimento del massimo range of motion raggiunto dal soggetto mediante alternanza di contrazioni ed allungamenti contro resistenza medio/bassa con variazione di velocità crescente.


Con l’utilizzo dei movimenti dinamici non vengono create modificazioni strutturali invalidanti per la prestazione sportiva rimanendo sempre entro angoli fisiologici del soggetto. I vantaggi riguardano l’aumento della prestazione neuromuscolare, la prevenzione degli infortuni soprattutto se l’allungamento viene sviluppato nella parte eccentrica di un allenamento per la forza, mantenimento e possibile piccolo aumento del range di movimento. Non vi sono svantaggi se non quello causato da una incorretta esecuzione del gesto. Vi sono inoltre recenti studi scientifici che dimostrano come un allenamento per la forza mantenga ed aumenti il livello di flessibilità ed elasticità del muscolo, aggiungendo a questo tutti i benefici per la salute tipici del resistance training (forza).


Uno studio del 2012 dimostra come a seguito di un allenamento per la forza con modalità eccentrica si ottenga lo stesso risultato in termini di flessibilità dell’arto inferiore di un protocollo allenante di stretching statico. Ma soprattutto che, se la programmazione di esercizio e la sua esecuzione sono individualizzati ed utilizzano tutto l’angolo di movimento di quell’articolazione, l’utilizzo di sovraccarichi aumenta la flessibilità del distretto, maggiormente rispetto ad un lavoro di allungamento statico.



Appurato ciò, un professionista deve chiedersi quale sia l’obiettivo da raggiungere e quindi quale metodologia utilizzare in funzione delle esigenze del soggetto:
1. Utilizzare stretching statico se l’obiettivo è quello di ridurre una sintomatologia nervosa acuta (nervo sciatico) per ricavarne un beneficio nel breve termine.
2. Utilizzare lo stretching statico, meglio se decompensato globale e non settoriale, alla fine di una seduta di allenamento o nel giorno di riposo per funzione miorilassante.
3. Utilizzare la mobilità all’inizio di una seduta di allenamento come riscaldamento e per preparare l’articolazione ai gesti tecnici sport specifici.
4. Utilizzare la mobilità per l’allenamento in casi di problematiche nervose, associate ad allenamenti per la forza, quando il dolore non è acuto.
5. Utilizzare la mobilità per i soggetti iperlassi ed ipermobili cercando di aumentare la percezione del soggetto durante il gesto.
6. Se si volesse agire su di un’articolazione rigida sarà più efficace utilizzare esercizi di mobilità attraverso movimenti ampi e circolari.
7. Se si volesse allenare la flessibilità, quindi la capacità di allungare il muscolo, utilizzerò lo stretching statico.
8. Se si volesse allenare l’elasticità, quindi la capacità di un muscolo di allungarsi e ritornare il più velocemente possibile alla sua lunghezza originale, utilizzerò la mobilità o esercizi di stretching dinamici.
9. Se l’allenamento ha come finalità l’ipertrofia di un determinato distretto non andrò ad utilizzare esercizi di stretching statico di quel muscolo o gruppo di muscoli, altrimenti il lavoro sarà vanificato.
10. Prediligere sempre allungamenti statici delle catene muscolari e non settoriali, quando e se possibile.
11.Senza una corretta respirazione si allungano i tempi per ottenere l’allungamento desiderato.
Concludendo: non c’è una metodologia più efficace di altre, bisogna saperle utilizzare e
mixare per assecondare al meglio i bisogni del cliente.


Dott.ssa Giorgia Tollardo Chinesiologo


BIBLIOGRAFIA:
1. A. Paoli, M. Neri; 2010. Principi di metodologia del fitness. Elika Srl Editrice
2. AG Nelson Et al; 2005. Acute muscle stretching inhibits muscle strength endurance performance. Journal of strength and conditioning research.
3. Nuzzo JL; 2019. The Case for retiring flexibility as a major component of physical fitness. Sports medicine. 
4. O’Sullivan K, Et Al; 2012. The Effects of eccentric training on lower limb flexibility: a Systematic review. Sports Medicine.